Sopra: Mosaico di Dioniso, tardo II secolo a.C., Museo archeologico di Delo.
Alexander Dugin: Il Lògos di Dioniso – Parte I
“Apollo mi sta davanti come il genio illustratore del principium individuationis, solo per mezzo del quale è dato raggiungere veramente la liberazione nell’apparenza; laddove nel grido di giubilo di Dioniso vien rotto il corso dell’individuazione, e rimane aperta la via alle cause madri dell’essere, all’intimo nucleo delle cose”, scrive Nietzsche [1]. Le catene della prigionia dell’individuazione corrispondono alla logica apollinea dell’identità, la legge A=A. Il cielo e il sole fanno delle cose del mondo quello che sono, dando a ciascuna il proprio posto, il proprio ruolo, il proprio significato e il proprio contenuto. “Il richiamo di Dioniso” trascina cose e persone lontano da questi canoni, proclama la fine di A=A. Le porte si aprono verso il basso. Nietzsche parla della “via alle cause madri dell’essere”. Questa è l’espressione chiave. Stride il flauto del satiro – ciò che Dioniso rivela in contrasto con Apollo è la Grande Madre. Il legame di Dioniso con la Grande Madre, che risiede all’altro capo dell’universo rispetto a Zeus e Apollo, lo rende nemico di Era, femminilità conquistata, pacificata, inclusa nell’ordine patriarcale solare. La Grande Madre è la vera antitesi del Lògos come forza verticale maschile e ordinatrice. Questa è la Chōra di Platone o il Chaos di Esiodo. Questa è la zona della notte dove Apollo non può accedere. Ma Dioniso è chiamato il “sole di mezzanotte”: può andare liberamente dove gli dei solitamente non vanno. Inoltre, ha una sorta di connessione la Grande Madre.
Sappiamo che la Grande Madre (Magna Mater, Rea, Cibele) lo guarisce dalla follia. Dioniso è un dio che unisce gli opposti: si sacrifica, piange e si dilania, conduce alla follia e diventa folle lui stesso. L’importante, però, è che venga guarito dalla follia non da Apollo o da Asclepio, cioè non dal Lògos guaritore, ma da quell’autorità che è quanto di più lontano dalla luce, dal cielo, dalla mascolinità e dalla ragione; quell’autorità alla quale i sacerdoti maschi, i “Galli” [2], offrono il proprio genere, castrandosi ritualmente nel nome della Grande Madre in un’estasi oscura. Ciò getta luce sulla mente di Dioniso, sul suo Lògos: egli, essendo maschile e divino, è associato alla mente solare di Apollo. Ma allo stesso tempo ha un altro lato, connesso con le profondità della Grande Madre, con il sottosuolo del Chaos, con la Chōra. Questo lato rende il suo Lògos oscuro, cioè ambivalente, intrecciato di follia, colorato contemporaneamente dell’oro di Zeus e delle tenebre dell’inferno. Il Lògos di Dioniso non è né chiaro né scuro. È semplicemente Oscuro. Dioniso guarisce la sua follia con il potere impenetrabile della dea della pietra nera. E da questa oscurità fittissima, la luce della sua coscienza divina illumina con rinnovato vigore.
Per trasmettere questa dualità in un contesto diverso, Shihāb al-Dīn Yaḥyā Sohravardī parla dell’Arcangelo Purpureo [3], con un’ala bianca come la neve e l’altra nera, che sta tra terra e cielo, tra il punto più basso e quello più alto – l’Angelo Iniziatico. Sohravardī identifica l’Angelo con il 10° intelletto, il Lògos. Pertanto, non ci stiamo allontanando molto dalla nostra argomentazione. Dioniso è un altro Lògos. Un altro in rapporto a quello apollineo, che sta alla base della filosofia. Ciò significa che Dioniso è sì un filosofo – ma solo un filosofo diverso. Forse la sua filosofia ha un’altra Origine…
Continua…
[1] Friedrich Nietzsche, La nascita della tragedia, Laterza, Bari 1919, p. 136.
[2] Per approfondimenti: Benedetta Ricaboni, Divinità antiche e nuove: evoluzione di Cibele e Attis tra paganesimo e cristianesimo, Tesi di laurea, Università degli studi di Milano, Corso di Laurea Magistrale in Filologia, letterature e storia dell’antichità, 2022-2023.
[3] Per approfondimenti: Sohravardi, L’arcangelo purpureo, Coliseum, Milano 1990.
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