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Sandrino è un bambino come tanti, intelligente, sensibile e vivace, ma ha la ventura di vivere i suoi anni infantili nella città di Capodistria nel periodo dell’invasione e poi della totale occupazione da parte dei partigiani jugoslavi di Tito. Da questo momento la vita di Sandrino non sarà più la stessa, la sua famiglia si disgregherà con la morte della mamma e l’allontanamento del padre in cerca di lavoro.
Allora Sandrino crescerà in fretta, dovendo affrontare situazioni più grandi di lui, in una spirale di violenze e di discriminazioni nei confronti della popolazione italiana dell’Istria da parte dei feroci occupanti comunisti di Tito. Soltanto il vecchio ulivo del giardino della sua casa natia, insieme a Menico, il vecchio saggio del paese, saranno i suoi unici confidenti, testimoni di un dolore indicibile, ma anche di grandi speranze.
Le cronache dolenti di quegli anni terribili (dal 1943 al ’47) sono narrate dall’autrice con fantastica commozione, sollevando le pagine del romanzo ad una profonda meditazione sulla cieca precarietà del destino che sconvolge una terra e il suo popolo, travolgendo nella violenza degli avvenimenti anche un bimbo innocente.
Il gran merito di Nidia Cernecca è ancora una volta quello di rappresentare il calvario del popolo istriano troppo spesso trascurato, se non addirittura rimosso dalla storiografia ufficiale, descrivendolo con uno stile coinvolgente e misurato che fa da contraltare alla tragicità degli avvenimenti, le cui radicivengono poi spiegate nell’Appendice.
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