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Nel ricostruire la formazione culturale e politica di Mussolini, Renato Pallavidini si discosta da tutta la storiografia italiana, che ha sempre considerato il futuro Duce un marxista superficiale, sostanzialmente legato alla realtà provinciale italiana. Seguendo le intuizioni di Nolte, l’Autore ricostruisce il percorso socialista di Mussolini nel quadro organico delle dispute e delle contraddizioni della II Internazionale, in particolare per quanto concerne quell’interpretazione determinista del materialismo storico che generava l’immobilismo politico denunciato in quegli anni da Lenin. In tale contesto la scelta interventista si configura come un tentativo di scuotere le forze socialiste e porle sul terreno dell’iniziativa politica concreta. Dopo la guerra, Mussolini e i suoi collaboratori tengono a battesimo il fascismo, che improvvisamente, nel 1921, diventa un movimento di massa, indisciplinato e violento, espressione di tutti i “mal di pancia” dei piccola borghesia italiana. Mussolini cerca faticosamente di governarlo, di correggerne gli sbandamenti a destra e farne sostanzialmente una socialdemocrazia nazionalista, analoga a quella che fu in seguito il peronismo. Procedendo in questa direzione, egli tentò in tutti i modi, dal 1922 al 1924, di trovare un’intesa di governo con i socialisti riformisti, in particolare con i dirigenti della CGL, favorevoli alla collaborazione. Ma la forte presenza conservatrice interna al fascismo e il delitto Matteotti bloccarono tutto, obbligando Mussolini a costruire gradualmente un regime di massa autoritario e conservatore, come dimostra la sconfitta del sindacato di Rossoni, scorporato nel 1928 e messo a tacere fino alla metà degli anni Trenta. Tuttavia il Regime fu costretto a convivere con ambienti fascisti che non avevano rinunciato ad una rivoluzione sociale e spirituale antiborghese e che, negli anni Trenta, presero sempre più consistenza, fino a dominare la scena del paese, soprattutto attraverso il sindacato, alla vigilia della II Guerra Mondiale. D’altra parte, però, la politica estera, intrapresa con una forte dose di superficialità, di ideologismo e di mal riposto senso di onnipotenza, pregiudicò i possibili sviluppi interni del Fascismo, fino alla tragedia della sconfitta militare e della RSI. Nel complesso, secondo l’Autore, il Fascismo fu la sintesi di elementi diversi e contraddittori, sicché ciascuno poté e può scegliere il Fascismo che più gli piace, ammesso che oggi sia ancora legittimo proclamarsi sic et simpliciter “fascisti”.
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