Descrizione prodotto
Ricevuto da Maurice Bardèche, al tempo della pubblicazione di Qu’est-ce que le Fascisme, un sodàle del ‘Gruppo di Ar’ domandò a lui quale fosse la ragione dell’ossessione antifascista da parte degli intellettuali (les clercs) europei. E Bardèche gli diede una risposta che si può riassumere in questi termini: ‘I chierici europei hanno, letteralmente, tradito, consegnato ai vincitori l’Europa, la cui fisionomia storica era quella rintracciata e riconosciuta dai fascismi, per contrastarne la decadenza. Da moderni sofisti, essi sanno bene che il tradimento della loro funzione – di cani a protezione delle mandrie europee – è stato fondamentale: lo sanno, lo ricordano (sopra tutto coloro che in un primo tempo ai fascismi si erano accostati) e non possono che eccitare in sé, attraverso la stimolazione nelle mandrie di sentimenti antifascisti, il ricordo del proprio tradimento’. E Bardèche, prevedendo che in un futuro gli attacchi da tergo sarebbero stati condotti con furia maggiore, per cui la propria scrittura ricognitiva obbediva al compito assegnato al soldato di retroguardia in uniforme da clerc, concluse con una sorridente citazione (da André Gide, un autore a lui non propriamente affine): “Toutes choses ont été dites; mais comment personne n’écoute, il faut toujour recommencer”.
Durante gli ultimi cinquantanni, la previsione di Bardèche si è dimostrata giusta: l’ossessione antifascista si è acuita, e a tale fenomeno morboso, per constatarlo e chiarirlo, va solo applicato il folgorante canone aforistico di Gómez Dàvila: “Chi ci tradisce non ci perdonerà mai il proprio tradimento”. E a noi il ridire sempre le medesime cose. Eppure non lo capiscono, gli avversari dei fascismi, che per vincere la propria battaglia non basta annientare e cacciare ai margini della società chi non ha un’opinione negativa del Duce e del Fuehrer? O lo capiscono si: ecco perché moltiplicano lo zelo. Oltre che dal rimorso, il livore è alimentato dal senso di smarrimento che provano di fronte alla profondità delle radici della Weltanschauung fascista. Perché né l’umore mussoliniano è nato nel 1922, né quello hitleriano nel 1933.
Non c’erano già stati, forse, in tutt’altro tempo, Attilio Regolo e Cincinnato e Orazio Coclite? E l’antica Germania, senza la quale l’Europa poteva ben dirsi amputata’? E, sotto altre temperature e altri paesaggi umani, i trattati sul contegno del saggio dei discepoli di Confucio, che all’uomo indicavano i canoni della “forza virile”? E, sopra tutto, la perfetta compenetrazione dello yin e dello yang che vede da un lato Sparta, dove il maschio era scolpito, schietto e fiero, come una colonna dorica, dall’altro, il capolavoro di un vivere sovrano dei Sudisti?
Maurice Bardèche, cognato di Robert Brasillach – il poeta fascista giustiziato dalla vendetta dei vincitori – era di quell’universo ideale che si sentiva figlio ed erede, e dalla fine della seconda guerra mondiale viveva da scrittore clandestino tra i suoi contemporanei. Coltivando un’istintiva repulsione per la “plastica, la pubblicità, la gomma da masticare”, per i compromessi e i calcoli furbastri. Respingendo energicamente le lusinghe del denaro: re di un mondo angusto, angosciato e angosciante. Questa versione italiana del suo pamphlet è stata curata con rispettosa attenzione da Franco G. Freda per il cinquantennale delle Edizioni di Ar.
Recensioni
Non ci sono recensioni, vorresti inviarne una tua?