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Giacomo Boni segnò la storia dell’archeologia romana con scoperte nel Foro e sul Palatino che lo resero celebre in tutto il mondo.
Figura originalissima e poliedrica, nazionalista mistico e nostalgico del paganesimo, inseguì l’utopia di una Terza Roma che ridesse un primato all’Italia nel mondo, avvicinandosi prima a Crispi e Sonnino, poi a Mussolini, il che contribuì, unitamente a già preesistenti pregiudizi nei suoi confronti da parte del mondo accademico italiano, ad obliarne a lungo la figura.
Nel quadro della riscoperta e rivalutazione di Boni iniziate con il nuovo secolo, il saggio di Consolato si segnala per l’unire il rigore scientifico alla capacità di rendere comprensibile e appassionante a un vasto pubblico colui che fu chiamato anche “il Mago del Palatino”, dando particolare rilievo alle sue idee religiose, in cui si fusero paganesimo classico, francescanesimo, spiritualità indiana, taoismo e shintoismo, nonché alle sue visioni di una radicale trasformazione dello Stato e della società, capaci forse di offrire preziose suggestioni anche all’Italia e all’Europa di oggi.
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