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Quarta Anima della Germania
Difficilmente capita di poter leggere e, nel leggere, assaporare, vedere, configurare lo stupore che si palesa negli occhi di chi guarda, con la purezza dell’amore, un mondo apparentemente a lui lontano; mondo che, come per incanto, vi si rivela radicato nel profondo, quasi in sorta di rivo sotterraneo che si cela e scorre all’interno dei precordi del proprio essere, che ne irrora le membra e che sgorga possentemente nell’anima, perché fonte di vita. Scoprire amando, e amando scoprire il proprio spirito. Ecco, l’opera di Clementina di San Lazzaro, oltre all’indubbia straordinarietà dovuta al fatto di essere frutto del genio di una forestiera, non è che questo: l’ipostasi di uno scoprimento, di uno scoprimento che si tramuta in innamoramento, in innamoramento nei confronti di una terra, di una terra dalle caleidoscopiche sfaccettature, dai molteplici e multiformi volti, volti ridenti e allo stesso tempo cupi, di occhi, di mani, di dita che costantemente e strenuamente tendono in uno sforzo incessante al cielo – quel cielo che illumina con i suoi squarci abbacinanti d’azzurro velatamente plumbeo le ridenti e superbamente criptiche maree verdeggianti delle foreste, dove le cime degli alberi secolari accarezzano l’aria lasciandosene blandire. Attraverso una descrizione tematica che spazia dall’apparente fisicità dei paesaggi all’altrettanto apparente impalpabilità dell’Arte, dagli opulenti frutti del Pensiero e dello Spirito a quelli della Volontà, L’anima della Germania si fa inno e allo stesso tempo voce di questa nazione, amigdala iperuranica viva di princìpi e di forze impresagite e straordinariamente contrastanti, regno dove non vige la legge del compromesso, dove è aborrita la passiva remissività; ma dove impera sola e incontrastata quella forza primigenia che si rispecchia nell’imperitura e mai sopita belluinità, che pulsa mistericamente nelle guglie delle sue maestose cattedrali, nelle espressioni dure dei ritratti di quelli che ne furono i sovrani, come pure, quasi per antitesi, nella virginale ingenuità dello stupore eternamente vibrante nell’eterea musicalità del suo Io.
Sinfonia di poesia e rigore, sacro intreccio di alito e corpo, passione sconquassante che si abbarbica come edera nel cuore di chi sa guardarla, freccia mortifera e vitale che colpendo fa rinascere l’anima alla bellezza, la Germania di Clementina di San Lazzaro è prodigio, puro incantevole prodigio, canto che ammalia, sguardo che impietrisce, palingenetica metamorfosi di uno spirito sisifeo insaziabilmente sitibondo di vita.
Microcosmo dai panorami evanescenti, impalpabile broccato dai preziosi ricami che narrano di uomini e di dèi, ampolla di aromi mistici e selvaggi, la Germania “colpisce al cuore, e non si può fissare a lungo senza restar smagati”.
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