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La conquista del potere
Il Fascismo è una rivoluzione che cambia i rapporti di potere, determina una nuova e giovane classe politica, una mentalità e uno stile. “Una Nazione è grande quando traduce nella realtà la forza del suo spirito. Quando è libera ed è padrona del proprio destino. Lo Stato è tutto e deve essere dappertutto. Niente odio di classe, solo collaborazione fra le categorie sociali. C’è la necessità di considerare i lavoratori come uomini integrali, che devono partecipare alla costruzione e alla difesa dello Stato. Il corporativismo può affrontare e risolvere il problema della frattura sociale perché parte da una concezione dello Stato radicalmente diversa da quella illumi-nistica e liberale, cioè totalitaria ed organica”. Questo, in sintesi, era il pensiero politico che animava Mussolini e gli altri dirigenti fascisti e che avanzava nella società ancora in preda alla crisi del dopoguerra, tra violenze, congiure e delitti politici che segnavano il colpo di coda del socialismo e del comunismo, della massoneria, dell’attendismo e dell’ambiguità monarchico-istituzionale. Si registra in quest’epoca ancora il ruolo del Viminale, dei Prefetti e dei Questori: si vorrebbe un soffocamento interno del nuovo Movimento, al punto da richiedere una normalizzazione per annullare la politica rivoluzionaria del fascismo ma anche per prevenire una seconda ondata che avrebbe dovuto spazzare via tutto il vecchio, il precedente, il marcio. È un’accelerazione storica: dalla Marcia su Roma al Governo, fino alla conquista e alla trasformazione giuridica dello Stato, travolgendo l’Italietta liberale, notabilare e malavitosa. Mussolini sceglie la via del gradualismo. Poi, dovrà fare i conti con i tanti compromessi.
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